La Fontana Greco Romana a Gallipoli
La Fontana Greco Romana a Gallipoli, la più antica fontana monumentale d’Italia
La Fontana Greco Romana a Gallipoli sorge il prossimità del ponte che unisce la città vecchia, posta su un’isola e la città nuova, fino a qualche decennio fa era l’unica fonte che i gallipolini avevano per dissetarsi.
Gli abitanti infatti si approvvigionavano di acqua acquistandola dall’acquaiolo, che trasportava con un carretto trainato da un asino alcune botti precedentemente riempite presso l’artistica fontana. La fontana è ormai chiusa. E’ ritenuta la più antica fontana monumentale in Italia e la si fa risalire al periodo che intercorre tra la dominazione greca e quella romana, III sec a.C.
In origine venne costruita nell’area delle antiche Terme denominate “Fonatnelle”, ma nel 1548 venne smontata e ricomposta nei pressi della Chiesa di San Nicola del Porto. Della chiesa di San Nicola ora non c’è più traccia, ma la Fontana Greco Romana rimase lì per 12 anni fino al 1560, ddopodiché venne nuovamente rismontata e ricomposta in zona Canneto, nelle vicinanze del Santuario della Madonna del Canneto, luogo dove ancora oggi è possibile visitarla. La fontana presenta due prospetti, il più recente è rivolto al Nord ed è stato realizzato nel 1765, la cui funzione era da sostegno, da spagliera alla facciata più antica risalente al III sec. a.C., che invece era, appunto, rivolta a Sud.
La facciata Sud è tripartita: quattro cariatidi a mò di colonne sembrano sorreggere l’architrave minuziosamente decorata. All’interno dei tre riquadri, i bassorilievi vanno a rappresentare le Metamorfosi di Dirce, Salmace e di Biblide. Nel primo riquadro a sinistra è descritto il supplizio di Dirce, sdraiata su di un fianco e presa a cornate da due tori, sopre il Dio Bacco, che secondo la leggenda tramutò Dirce, regina di Tebe, in una fonte di pietra per aver oltraggiato la nipote Antiope.
Il riquadro centrale rappresenta due corpi nudi, la ninfa Salmace ed Ermafrodito (figlio di Venere e Mercurio), distesi e legati ad un laccio teso alla Dea Venere, che insieme al Dio Amore (cupido), sovrasta i due amanti mentre si trasformano in un solo corpo e in una sola fonte di pietra.
Nel terzo riquadro rappresenta la vicenda di Biblide che innamoratasi del fratello Cauno, sopra di lei intento a fuggire, consapevole dell’errore, pianse fino a consumarsi di lacrime e gli Dei impietositi la trasformarono in una fontana di pietra.
La fontana presenta una considerevole erosione data dal tempo e dalla salsedine, ma altre “mancanze” sono dovute alla mano dell’uomo che, considerando oscene alcune figure, pensò bene di mutilarle.
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