Le Pozzelle Salentine: risorsa primaria della vita rurale
Le Pozzelle Salentine
Il Salento è per sua natura una terra scarsa di acqua e l’approvvigionamento delle acque è stata da sempre un’esigenza primaria per la sopravvivenza delle stesse popolazioni e per l’economia agricola.
Nel territorio della Grecìa Salentina, in particolare, le falde freatiche sono molto profonde, tant’è che gli abitanti si sono dovuti insediare negli avvallamenti dove c’era maggiore confluenza della acque piovane.
Le pozzelle, detta anche “puzzieddhi” e “pùzzule”, sono in realtà delle cisterne che raccolgono, conservano e filtrano l’acqua. Soluzione che è stata sfruttata fino a
poco tempo fa, per usi domestici e per l’irrigazione delle campagne e orti.
Le pozzelle sono state largamente usate in tutto il territorio salentino, ma è nei territori di cultura greca che si è particolarmente affermata.
Ormai in disuso, questi depositi per le acque piovane, che in grìko vengono dette “ta frèata” (in greco “frèar” significa “pozzo”) possono essere osservati fuori dai centri abitati di molti comuni della Grecìa Salentina: Castrignano, Corigliano d’Otranto, Martignano, Soleto e Zollino. Esse sono il segno tangibile di un’economia collettiva, ma anche di un rapporto particolare fra territorio, insediamento e sfruttamento delle risorse.
Le pozzelle restaurate a Martano, sono solo una piccola parte di quanto esisteva un tempo. Le pozzelle influenzavano la configurazione del paesaggio e dell’abitato,
infatti si trovavano in un punto di confluenza di più strade ed erano sufficienti per il fabbisogno idrico di tutta la comunità e della campagna.
La realizzazione delle pozzelle prevedeva una tecnica di costruzione analoga a quella dei trulli con pietre a secco. si sceglieva innanzitutto il terreno e lì, nelle depressioni naturali del terreno di rocce friabili, venivano scavate dei fossati ad una profondità variabile da 3 a 6 metri, poi veniva realizzato un rivestimento (“camisa”) con pietre informe di calcare permeabile cementate con bolo e disposto in cerchi concentrici fino a formare una cupola. Un blocco parallelepipedo forato al centro, detto “vera del pozzo”, chiudeva l’ultimo cerchio. L’acqua piovana riempiva le cisterne (pozzelle) giungendo o per infiltrazione collaterale, oppure per infiltrazione superficiale, attraverso le aperture della vera del pozzo.
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