Le Case a Corte del Salento
a corte del Salento è la casa del contadino.
"Nella corte si riflette l'animo dell'uomo meridionale e particolarmente del contadino che fa della sua casa un luogo sacro, perché sacra è la famiglia e inviolabile la sua compagine".
Antonio Costantini
La “corte” è sia un nucleo di abitazioni che condividono uno spazio comune scoperto, sia un vicolo cieco. E’ uno spazio ristretto, tutto dedicato alla vita associativa, in cui gli uomini, dopo lunghe e solitarie ore di lavoro passate nella vasta estensione delle campagne, recuperano le fatiche al fresco della sera, scambiandosi le esperienze della giornata lavorativa o raccontando li “cunti”: affascinanti ed educativi aneddoti popolari, o semplicemente, suonando, cantando e ballando la pizzica.
Lo spazio in comune e scoperto rinvia a rapporti di buon vicinato tra nuclei familiari distinti o a precisi rapporti di consanguineità: dal nucleo originario si costituiscono i nuclei secondari, cioè, i figli maschi usufruiscono della proprietà e usano gli spazi e i beni dell’unità abitativa.
Architetture simili sono presenti in tutta l’area mediterranea, dalla penisola Iberica alla Sardegna, dalla Grecia al Nord Africa. Nel Salento è possibile distinguere un tipo più arcaico di casa a corte nella Grecìa Salentina e più precisamente a Martano e Martignano: caratteristica è la casa a corte con orto retrostante e cortile rettangolare dove si posizionano pozzo, sedili e lavatoio. Nei centri ellefoni, isolati geograficamente per diversi anni, questo tipo di costruzione “primitiva” è legata alla organizzazione di vita rurale, autonoma nei suoi bisogni primari. Le strutture più recenti, più ampie e complesse, si affermano in centri maggiori come Lecce, Gallipoli, Nardò, Tricase.
Molto spesso alla “corte” veniva inglobato il “mignano” – balcone o terrazzo con parapetto che sovrastava il portone d’ingresso sulla strada – variamente decorato a seconda dell’importanza sociale della famiglia.
Il mignano è servito da una scala e costituisce il punto di osservazione verso l’esterno, una cerniera tra pubblico e privato – come sostiene Antonio Costantini – che serviva soprattutto alla donna di casa per partecipare con discrezione alla vita del centro, per presenziare alla processioni o per sorvegliare i figli che giocavano per strada.
La casa salentina – secondo Mauro Cassoni – rispecchia in tutto e per tutto l’Oriente, nata e fatta per apportare alla donna di casa più o meno ogni agio e comodità, che le tolga il ticchio di uscire fuori per respirare aria pura e godersi la vita all’aperto e al verde, non mancando tutto quanto in casa.
Vita di corte…
La vita nelle corti della Grecìa, e di tutto il Salento, cominciava molto presto, al canto del gallo. Il raglio dell’asino, il “traìno” (carro agricolo) che si mette in movimento: la corte si risveglia, al levar del sole il contadino parte per i campi.
Le donne energiche a tirare l’acqua dei pozzi, il fuoco, a impastare il pane, a lavare i panni.
E poi peperoni e pomodori da seccare, legumi da “nettàre”, grano da “stompare” (schiacciare), tabacco da infilare.
Profumi a manciate: il basilico nel sugo, la menta nell’orto e nell’aceto, la cipolla nell’olio bollente.
Nel pomeriggio la corte è tutto un cicaleggio, un convito di comari. Sempre e ancora loro: donne energiche, che ricamano, che filano, che spettegolano.
E i bambini? Giocano a “paddhi”, cioè sassolini lanciati per aria e poi velocemente ripresi; giocano con la “curuddha”, una piccola trottola in legno fatta girare facendo srotolare su di essa una sola corda; giocano a “campana” un percorso di caselle disegnate per terra da attraversare a salti.
..una vita di “corte”, bella, densa, quasi del tutto ormai scomparsa..
Irene Marchese
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